08 ottobre 2005

Stanley, I love you

Un blog con un nome simile non poteva iniziare che con una dichiarazione d’amore, più che con un manifesto. Un omaggio all’uomo che più di ogni altro ha segnato il mio approccio alla settima arte, uno dei più grandi registi della storia del cinema e, a mio giudizio, l’unico capace di racchiudere nella sua opera, con la continua ricerca della perfezione, la summa dell’arte cinematografica: Stanley Kubrick (1928-1999).

Da sempre il cinema soffre di una separazione netta e forzata tra cinema d’autore o artistico e cinema basso o popolare. Quello che piace ai critici e quello che piace al pubblico, per intenderci. Una diatriba vecchia di cento anni, ma insolubile.
Il cinema nasce come arte popolare, quindi è comprensibile che voglia essere apprezzata dalle grandi masse; ma proprio perché forma d’arte, è giusto anche che persegua intenti estetici che tendono ai canoni artistici di bellezza, sbrigliandosi dalle logiche commerciali che ne fanno un prodotto in serie. Un film deve essere il frutto di un genio creativo, unico, e lo si deve vedere sullo schermo. Ma per essere un’opera "totale", anche la narrazione deve suscitare interesse, in un impiegato di banca come in un critico d’arte. Alla forma va aggiunto il contenuto, per dirla come un critico letterario. Per questo non amo Antonioni, ma mi diverto con Verdone e preferisco Truffaut a Godard.
Kubrick superò questa divergenza, creando film di altissimo livello artistico e di forte impatto narrativo. E, cosa importantissima, lo fece senza scendere a compromessi, senza piegare il suo genio alle esigenze di produttori pressanti e senza annoiare il pubblico con inquadrature “inutili ma belle”.
Tutti i suoi film poggiano i piedi su un perfetto equilibrio tra gusto estetico e contenuto narrativo, che diventano, com’è giusto che sia, elementi complementari di un’opera d’arte, mettendo d’accordo critici e grandi masse.
Sono opere con diverse chiavi di lettura, godibili a diversi livelli, come pura fiction o come opere con un profondo studio psicologico. Il lungo lavoro e le riflessioni che stanno alle spalle di questi capolavori sono avvertibili ad ogni spettatore, all’occhio critico attento, come a chi si è preso due ore per andare al cinema e svagarsi.
Il lavoro di messa in scena è impeccabile: le atmosfere che il regista sa creare sono terrificanti da quanto coinvolgono lo spettatore: Kubrick manipola musiche, rumori e silenzi con grande maestria (ho visto Shining tantissime volte, e mi viene la pelle d’oca ogni volta che lo rivedo). Ha un perfetto senso dei tempi d’azione e l’occhio esperto di un fotografo, prima che di un regista. L’attenzione all’inquadratura lo rende simile ad un pittore con il pallino della matematica.
Ma allo stesso tempo le storie che racconta (e che lui stesso adatta per il grande schermo) sono avvincenti, incollano alla poltrona e fanno vivere emozioni, che rendono partecipe tutti, senza distinzioni.
Ecco perché Kubrick. Ed ecco perché la citazione da Shining, il mio preferito: un horror, solitamente considerato un genere basso, di puro svago, che nasconde una profondità psicologica e una maestria di messa in scena propri solo di un grande artista.
Sicuramente non vanno dimenticati altri grandi maestri che hanno contribuito all'evoluzione del cinema, forse anche in maniera più incisiva, come Griffith, Eisenstein, Welles, Hitchcock e altri. Ma solo Kubrick, tra i grandi, ha saputo sposare l’elemento artistico a quello popolare a così alti livelli, generando un’opera d’arte nella sua totalità.
Certo, autori che piacciono al grande pubblico ce ne sono tanti: Scorsese, Coppola, De Palma, Polanski (solo per citare alcuni dei miei preferiti), ma Kubrick era ed è super partes, un maestro riconosciuto.
Martin Scorsese diceva che ogni anno che passa senza che Stanley Kubrick faccia un film, è una grossa perdita per tutto il cinema. Nulla di più vero.


3 commenti:

Anonimo ha detto...

condivido l'amore, avrei preferito 2001...un'esperienza che non comprendi subito, ma che, se si è fortunati e toccati, può segnare fortemente la vita di una persona; una delle poche dimostrazioni che l'arte non è fine a se stessa, solo espressione di bellezza.

Anonimo ha detto...

io come voi ho avuto la fortuna di entrare nel contesto...negli sguardi di Jack e nel vortice della cabin fever (febbre del chiuso).Secondo me la meraviglia che offre il maestro Kubrick è stata quella di esplicitare questa nostra strana sensazione...a volte letale.Grazie Stanley

fedeformy ha detto...

il cinema appare come il compimento nel tempo del'oggettività fotografica; esso trova in Stanley un grado di suspance e fascino altissimo. Egli ha saputo trasfigurare sulla scena quel bisogno che l'uomo sente di rimpiazzare la realtà con il suo doppio facendo sognare i telespettatori che incantati dimenticano i problemi reali. io lo adoro.