30 ottobre 2005

Il treno della vergogna (Amen, 2002)


Con “Amen” il regista greco di adozione francese Costa-Gavras (Mad city) torna, dopo “Z- L’orgia del potere” e “Missing”, ancora una volta all’argomento storico-politico: Seconda Guerra Mondiale; un ufficiale delle SS pentito (Ulrich Tukur) e un giovane prete italiano (Mathieu Kassovitz) credono di poter fermare il folle eccidio di ebrei informando il Vaticano e, da qui, tutti i fedeli; ma si troveranno di fronte il muro di gomma di realpolitik e ciniche diplomazie di burocrati e uomini di governo. Il tema polemico sull’ambigua posizione della Chiesa e sulle sue responsabilità, tratto dal dramma teatrale “Il vicario” di Rolf Hochuth, acquista qui un respiro più ampio, coinvolgendo uomini politici e ambasciatori di diversi governi e puntando così il dito contro chiunque abbia preferito per convenienza o per timore fingere che nulla stesse accadendo. E un treno merci che ad intervalli costanti passa laconico e inesorabile interrompendo lo svolgersi dell’azione sembra chiamare in causa lo stesso spettatore: a tutti è chiaro cosa trasportino quei vagoni, non servono parole per spiegare dove siano diretti e per quale motivo. Con una sapiente scelta registica Costa-Gavras rifiuta di concretizzare in immagini anche troppo scontate la violenza e l’orrore dello sterminio e, in sintonia con l’idea di fondo di tutto il film (molti accettarono la deportazione degli ebrei nascondendosi dietro la comoda scusa di non sapere cosa accadesse nei campi di concentramento), lascia all’immaginazione quello che la cinepresa non sarebbe in grado di rendere in tutta la sua crudezza. Come in una “Berlin story” di Christopher Isherwood, la ferocia del fronte è qui solo sfiorata e narrata da chi è rimasto a casa, mentre l’azione si svolge tra le lussuose stanze di ambasciate e Vaticano, dove la guerra si combatte a tavolino; la miseria e la desolazione sono solo istantanee fuori dai finestrini delle macchine che si spostano da un palazzo all’altro. Incendi e bombardamenti invadono la scena verso la fine, accelerando in modo quasi nervoso l’azione e riducendo al minimo il dialogo, a dimostrazione del fatto che la pazzia della distruzione ha il sopravvento su tutto, anche sul potere. Si riconferma il talento di un versatile Mathieu Kassovitz (“Assassins”, “Il favoloso mondo di Amélie”) in una pellicola d’autore dai toni polemici e dall’argomento delicato ed impegnativo. Fa riflettere; ogni commento al termine del film risulterebbe superfluo e retorico.

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