08 novembre 2005

Il genere horror (I): riqualifichiamo un genere ingiustamente relegato in serie B


Innanzi tutto bisogna sfatare la diffusa convinzione che l’horror sia un genere di serie B. è facile osservare come ognuno di noi abbia il bisogno inconscio di confrontarsi con le proprie paure e come la rappresentazione di esse sia una consuetudine nel campo artistico. L’elemento inquietante è sempre stato presente nella storia del cinema sin dai suoi esordi e molti tra i più grandi maestri della settima arte hanno voluto cimentarvisi. È un cinema in continuo mutamento, sempre aperto alla sperimentazione e all’innovazione, in grado di confrontarsi ogni volta con strumenti diversi e attraverso diversi linguaggi; si avvale di uno stile raffinato, di numerosi simbolismi e, come ci spiega Gianni Canova, <<[…] non c’è altro genere nella storia del cinema così bisognoso, per essere colto appieno, di una grande conoscenza sentimentale interiorizzata, metabolizzata dallo spettatore.>>. Inoltre l’horror chiede uno sforzo maggiore al cineasta, in quanto non deve solo mostrare allo spettatore, ma deve provocare in lui una reazione forte, rendendo più stretta l’interazione col film; citando ancora Canova, possiamo definirlo il “cinema dello shock visivo”, distinto da tutti gli altri generi proprio per questa ricerca della reazione dello spettatore (che forse si può riconoscere anche nel cinema comico e in quello porno), dove l’occhio assume una valenza ancora più importante, in quanto veicolo di questo shock. La provocazione, l’oltraggio visivo, sono sempre sottolineati dal genere attraverso la ricorrente tematica dell’occhio, da Un chien andalou (id., 1929, Luis Bunuel) in poi, passando da L’occhio che uccide (Peeping Tom, 1960, Michael Powell). Saper modellare la materia orrorifica nel cinema significa avere una profonda conoscenza e padronanza del cinema stesso; per questo, come dicevamo, i più grandi maestri hanno voluto cimentarvisi: tra gli ultimi, Francio Ford Coppola e Kenneth Branagh, dopo cento anni di cinema, hanno resuscitato due classici del genere: Dracula e Frankenstein.* (segue...)
*tratto da: Alvise Barbaro, Frankenstein: dall'horror alla parodia, Tesi di laurea, Università degli Studi di Milano, 2004.

Nessun commento: