21 settembre 2006

21 grammi


Regia: Alejandro Gonzalez Inarritu.
Con: Sean Penn, Benicio Del Toro, Naomi Watts, Clea Duvall, Danny Huston, Marc Musso, David Chattam.
Produzione: Alejandro Gonzalez Inarritu, Ted Hope, Robert Salerno.
Distribuzione: Bim.
Anno: 2003.


Dopo una giovinezza spesa malamente tra furtarelli, alcoolismo e qualche passaggio in prigione Jack è riuscito faticosamente a rialzarsi aggrappandosi alla parola di un Dio severo e imperscrutabile che, dopo avergli concesso la grazia della redenzione, mette nuovamente alla prova la sua fede. Con la stessa auto sulla quale ha appiccicato a mo’ di manifesto pubblicitario la scritta “Gesù ti salva” Jack ucciderà accidentalmente il marito e le due figliolette di Christina, moglie e madre modello. Per una strana traiettoria del Caso il cuore di Michael finirà nel petto di Paul, un insegnante di matematica già pronto, complice una grave malattia, al definitivo congedo dal mondo. Inaspettatamente restituito alla vita Paul fatica ad accettare la “colpa” di essere vivo ed ingaggia un investigatore privato per scoprire l’identità dello sfortunato donatore. La tragica fatalità dell’incidente che lo ha provvisoriamente strappato alla morte tuttavia lo sconvolge a tal punto da spingerlo come un meteorite impazzito verso Jack e la stessa Christina. Incatenati in un groviglio di umana disperazione i tre “dannati” sprofonderanno insieme nell’abisso della sofferenza ma qualcuno infine si risolleverà.
Approdato ad Hollywood dopo aver diretto un solo film (Amores Perros), il messicano Inarritu ha ripagato nel migliore dei modi la fiducia dell’establishment cinematografico americano che non ha esitato a mettergli a disposizione due cavalli di razza purissima come Benicio Del Toro e Sean Penn. Oltre a coinvolgere e perfino sconvolgere l’emotività del pubblico infatti 21 grams offre anche notevoli spunti formali. La struttura “a mosaico” in cui, senza rispetto dell’ordine cronologico, vengono disordinatamente dispersi i frammenti della storia agisce virtuosamente sulla riuscita complessiva dell’opera ammorbidendone i contenuti decisamente iperbolici e tenendo desta l’attenzione degli spettatori meno inclini all’esistenzialismo chiaroscurale che altrimenti rischierebbero facilmente di non reggere l’impatto con tanto travaglio interiore. Pare che l’idea di rompere la linearità temporale fosse già contemplata nella bella sceneggiatura di Guillermo Arriago il cui giudizio si eleverebbe così di più di un gradino, ma non è da escludere l’ipotesi di un’operazione di post-produzione, maturata cioè in sede di montaggio al fine di smussare l’irruenza emotiva di una trama evidentemente sovraccarica. Comunque sia lo scardinamento della cronologia si dimostra a conti fatti un intervento geniale e necessario e tanto la “diagnosi” quanto la “cura” tempestivamente somministrate al testo danno la misura della ragguardevole sensibilità cinematografica degli autori. Inarritu del resto muove con disinvoltura la macchina da presa e la precisione della messa in scena, impostata su una dominante fotografica peculiare ad ogni frammento della storia e sull’uso pressocché costante della camera a mano, rivela il solido talento di un’artista dotato di spalle abbastanza larghe per poter confutare nel tempo la strisciante sentenza di quei critici che hanno parlato di 21 grams come di un prodotto furbescamente concepito a misura di festival. Basta avere qualche nozione di base invece per comprendere le notevoli insidie che si nascondevano dietro a un film come questo e per quanto ci riguarda preferiamo inquadrare 21 grams come uno sforzo moralmente alto di comunicare col pubblico attraverso ciò che lo stesso pubblico tende a rimuovere: la sofferenza. Il regista messicano non si ritrae di fronte allo strazio ma con pudore e infinita pazienza lo aggira scovando infine il pertugio che ognuno consciamente o inconsciamente lascia nel muro di difesa eretto a protezione del proprio dolore. La macchina da presa di Inarritu si trasforma così metaforicamente nel dito che San Tommaso dovette infilare nelle piaghe del Signore per piegare la ragione all’irragionevole verità dell’immortalità dell’anima. Le piaghe degli uomini però non sono rivelatrici quanto le piaghe del figlio di Dio e così il mistero dell’anima rimane e si infittisce in quell’impercettibile peso, 21 grammi appunto, di cui il corpo si libera nell’attimo esatto del trapasso.

Recensione di Alessandro Montanari

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Bob Sinclair ti reclama sabato sera in fiera...se non vieni l'Andre stressa!

Anonimo ha detto...

21 grammi non mi è piaciuto per questo carico estremo di sofferenza (i protagonisti fanno tanto per risollevarsi e la vita li fa sprofondare di nuovo). invece mi è piaciuto molto la struttura "a mosaico", come l'hai descritta molto bene tu.

Jack Torrance ha detto...

grazie Katiuuuscia,
Alessandro apprezzerà sicuramente il complimento.
torna a visitare il nostro blog: pareri da altri amanti del cinema sono sempre graditi

domenico ha detto...

Per me è forse il migliore film di Inarritu, anche se ne ha fatti solo 3 ) però anche babel e Amores perros mi sono piaciuti. Gli attori sono stati tutti bravissimi, soprattutto Sean Penn. Scambieresti link? Se vuoi fai un salto sul nostro blog, ti aggiungeremo subito ai link amici. Buona giornata Dome & Edo