22 dicembre 2006

DONNIE DARKO

Regia: Richard Kelly.
Con: Jake Gyllenhaal, Maggie Gyllenhaal, Holmes Osborne, Daveigh Chase, Drew Barrymore, Mary McDonnel, Patrick Swayze, Noah Wyle, Katharine Ross.
Produzione: Adam Fields, Nancy Juvonen, Sean McKittrick, Drew Barrymore.
Distribuzione: Moviemax.
Anno: 2001.
Durata: 113’.

Dietro il suo ordinario aspetto da adolescente, Donnie Darko nasconde una curiosità intellettuale non comune e una leggera forma di schizofrenia che si manifesta con fenomeni allucinatori ed episodi di sonnambulismo. Problemi che Donnie gestisce restandosene in disparte sul margine di quel mondo ottuso che rifugge e in cui talvolta torna con anonime e devastanti incursioni. La notte del 2 ottobre 1988 un coniglio antropomorfo di nome Frank lo attira nel sonno in un campo da golf per confidargli uno sconcertante vaticinio: il mondo, dice la grottesca creatura, finirà tra 28 giorni, 6 ore, 42 minuti e 12 secondi. Abituato a non fidarsi dei propri deliri, Donnie archivierebbe presto la profezia se non fosse per il fatto che Frank lo ha salvato da morte certa: quella stessa notte infatti un aereo, anzi il motore di un aereo che nessuno riuscirà mai a trovare, si è schiantato su casa Darko terminando la supersonica picchiata sul letto di Donnie. Che fare dunque: credere o no a Frank? Sempre più subdolo ed insinuante, il mostruoso pupazzo continuerà a tormentare il ragazzo per tutti il tempo che lo separa dalla rivelazione...
Uscito nelle sale a fine 2001, quando il pubblico americano mal sopportava di vedere aerei conficcati in case o palazzi, Donnie Darko risorge a vita nuova due anni più tardi, quando con un notevole fenomeno di proselitismo spontaneo gli adolescenti statunitensi ne fanno la propria bandiera generazionale conquistati dalle estasi vandaliche che il protagonista giustifica col motto di Graham Greene secondo cui la distruzione è parte essenziale del processo creativo. Sebbene in molti abbiano provato a etichettarlo, Donnie Darko è impermeabile alle classificazioni di genere: non è un thriller, non è un film di fantascienza e non rientra nemmeno in quel filone a maglie larghe che oltreoceano chiamano teen-movie. Pur aderendo in parte a ciascuna di queste definizioni e forse a qualcuna in più, Donnie Darko in effetti le scavalca, proponendosi infine come una sorta di spericolata indagine filosofico-scientifica. Il giovanissimo Richard Kelly, che a soli 26 anni firma uno dei più folgoranti esordi cinematografici di sempre, riesce infatti a condensare i propri interrogativi sul tempo, lo spazio, l’esistenza di Dio e degli universi paralleli, l’etica individuale e l’utilitarismo sociale in una sceneggiatura inesauribile dotata di un’architettura moderna, labirintica, solida e, almeno nelle intenzioni, geniale. Dopo le due visioni che il film (come minimo) richiede tutti i rimandi, gli indizi, gli incroci e, per riassumere, i nodi narrativi intrecciati da Kelly trovano collocazione nel mosaico di un’interpretazione coerente e comunque aperta. Quella di Donnie infatti è essenzialmente la storia di una ricerca e una ricerca, come noto, si nutre soprattutto di se stessa e quindi di ipotesi, intuizioni e tentativi sperimentali certamente più che dell’esito finale. Quale sia la consapevolezza raggiunta da Donnie sulla vetta che domina la rigogliosa vallata di Middlesex importa dunque relativamente e ad ogni buon conto non spetta a noi riferirlo: per non rovinare allo spettatore il piacere faticoso dell’indagine e per non imporre una lettura di cui non saremmo mai comunque sufficientemente sicuri. Quel che invece possiamo fare è provare a rintracciare le principali direttrici di lavoro seguite da quell’ingegnoso apprendista stregone di Kelly. Donnie Darko ad esempio condensa e sublima nel racconto cinematografico quell’ansia interiore di capire (non solo adolescenziale) che obbedisce come a un dovere morale all’esigenza di far piazza pulita del semplificazionismo fuorviante di chi vende a buon mercato panaceiche interpretazioni della realtà; ragiona sull’attualità della metafisica teocentrica provando a sostituirla con una nuova fisica incentrata sulla teoria, al momento ugualmente indimostrabile, degli universi paralleli; e scardina infine l’ordine sociale sollevando tutti coloro che spinti da un’entità forse più buffa e terrorifica del coniglio Frank (They made me do it....) finiscono per auto-esiliarsi dal mondo. Quanto allo straordinario (e tardivo) impatto che il film ha avuto sul pubblico, proviamo a cavarcela con un paragone. Donnie Darko è come un cubo di Rubik o uno di quei giochi d’intelligenza che non riesci ad abbandonare finché non hai colorato uniformemente ogni faccia del dannato parallelepipedo o finché non hai collegato in un continuum di 4 segmenti i 9 punti dello stra-maledetto quadrato immaginario; quei rompicapo insomma che una volta risolti ti diverti a sottoporre a un amico per il gusto sadico di vederlo arrancare e cadere nei tuoi stessi errori. Un gioco dunque o, se preferite, un enigma.
Come tutti gli enigmi naturalmente anche Donnie Darko racchiude una soluzione. Kelly però non la regala. Vuole che lo spettatore ci ragioni, manipoli il cubo, pasticci il foglio: che se la prenda da sé. Peccato solo che nel gusto della sfida intellettuale Donnie Darko finisca per annacquare la cognizione di un gesto volontario e sacrificale che dà allo stralunato adolescente che allaga-scuole, brucia-case e devasta-statue (peraltro orribili) la sublime dignità di un eroe romantico.

recensione di Alessandro Montanari