28 marzo 2006

Il festival del cinema di Busto Arsizio


Si è aperta sabato 25 la quarta edizione del Busto Arsizio Film Festival, un evento ancora poco noto, ma che in poco tempo ha assunto un carattere internazionale, se si considera che quest'anno sono presenti tra gli ospiti Vittorio Storaro (che ha inaugurato la sua mostra "Scrivere con la Luce"), Claudia Cardinale e i giurati (tutti premi Oscar) Luis Bacalov, Carlo Rambaldi, Osvaldo Desideri, Gabriella Cristiani e Gianni Quaranta.
La manifestazione, che si distingue per la lodevole scelta artistica di puntare sul cinema di qualità rigorosamente made in Italy, continuerà per tutta la settimana, oltre che nelle sale dove si svolgono le proiezioni, presso lo Spazio Festival di piazza S. Giovanni, dove ogni giorno si svolgono incontri con gli ospiti, la Fondazione Bandera, dove si trova la mostra di Storaro, e il locale "Il Melograno", sede del dopofestival.
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02 marzo 2006

la parodia (III): i procedimenti


Veniamo adesso all’analisi di quei procedimenti specifici che consentono la trasformazione di un testo in un ipertesto e che rendono possibile ogni altra relazione tra parodia e testi originali, amplificando l’elemento comico. Partendo dall’analisi di Harries, ho potuto evidenziare cinque procedimenti principali: la reiterazione, la decostruzione-inversione, la letteralizzazione, l’inclusione di un elemento estraneo e l’esagerazione.
La reiterazione di elementi facilmente riconoscibili serve ad evidenziare e rafforzare le similitudini della parodia con il testo di riferimento. Abbiamo già detto che all’interno di un testo parodistico abbiamo la compresenza di elementi di similitudine e di incongruenza, e che entrambi sono essenziali per creare un divertente conflitto. L’iconografia di un film di genere è un elemento spesso soggetto a reiterazione: nel Frankenstein junior un’attenta ricreazione filologica delle ambientazioni, delle musiche, della fotografia in bianco e nero e dello stile cinematografico degli horror anni ’30 crea un forte contrasto con le situazioni comiche che si verificano, rendendo ancora più esilarante il risultato.
In definitiva, la reiterazione è una forma di citazionismo, di cui parlavamo prima a proposito dell’intertestualità. Ed essa si ottiene attraverso quegli stessi procedimenti: l’impiego degli stessi attori, della stessa iconografia o dello stesso stile.
La decostruzione-inversione è un procedimento che si basa sul recupero di elementi o situazioni facilmente riconoscibili e sulla loro decostruzione e modifica, in modo da creare incongruenze nelle aspettative del pubblico. Si pensi alla scena della bambina che gioca col mostro in Frankenstein junior: conoscendo il testo di origine, immaginiamo la fine tragica della piccola indifesa. Il nostro timore è poi rafforzato dallo sguardo malizioso del mostro poco prima della dissolvenza in nero. Ma la sequenza successiva muta bruscamente il testo e lascia lo spettatore stupefatto (e divertito), quando vede la ragazzina ordinare al mostro di giocare con lei all’altalena. Un altro esempio interessante di decostruzione, questa volta non narrativa ma stilistica, è riscontrabile in Top secret!, in cui, in una scena in un comando nazista, è brillantemente parodiato l’effetto di profondità di campo alla “Orson Wells”: sul fondo dell’inquadratura due ufficiali stanno conversando, mentre un telefono, all’apparenza ingigantito dalla sua vicinanza all’obbiettivo della mdp, crea l’illusione di una stanza molto profonda. Improvvisamente il telefono squilla e uno degli ufficiali si avvicina per rispondere. Solo ora lo spettatore si rende conto che in realtà la stanza è molto piccola, gli ufficiali non sono tanto distanti ed è il telefono ad avere proporzioni esagerate. Altri esempi tipici di questo procedimento sono l’utilizzo di autori uomini per parti chiaramente femminili, l’intrusione di personaggi noti in ruoli del tutto secondari e l’uso inappropriato di elementi iconografici canonizzati, come ad esempio il candelabro per fare luce nei corridoi bui, all’interno dell’iconografia horror, che però in Frankenstein junior viene adoperato spento.
Il terzo procedimento che analizziamo è la litteralizzazione, la creazione, cioè, dell’elemento parodistico attraverso la manipolazione della lingua, con giochi di parole, storpiature di nomi e suoni o con il loro uso improprio. Esempi classici sono i nomi storpiati del film Balle spaziali (Spaceballs, 1987, Mel Brooks), dove Darth Vader diventa Dark Helmet, Yoda diventa Yogurt e Jabba the Hut Pizza the Hut. Oppure la Nancy di Riposseduta, che, chiamandosi Regan in L’esorcista, genera un buffo richiamo a Nancy Regan attraverso l’associazione dei due nomi. L’uso improprio della lingua è riscontrabile in L’aereo più pazzo del mondo (Airplane!, 1980, Jim Abrahams, David e Jerry Zucker), dove un biglietto fumatori (smoking ticket, letteralmente biglietto che fuma) è rappresentato come un biglietto che emette materialmente del fumo. I giochi di parole li troviamo in abbondanza nel nostro Frankenstein junior, dove un cervello abnorme diventa il cervello del signor A. B. Norme.
L’inclusione di elementi estranei serve a rafforzare le incongruenze con il testo di origine, così da mantenere vivo quel contrasto tra similitudini e differenze di cui si parlava prima. La sua presenza in un contesto iconografico facilmente riconoscibile genera ilarità: si pensi al furgoncino dei gelati o al passaggio a livello in mezzo alla vuota prateria del west presenti in Mezzogiorno e mezzo di fuoco. Spesso le parodie filmiche inseriscono scene estranee al testo originale e appartenenti ad altri testi facilmente riconoscibili. È il caso di Top Secret!, nel quale una sequenza cita, decontestualizzandolo, il film Laguna Blu (Blue lagoon, 1980, Randal Kleiser).
Come ultimo procedimento analizziamo l’esagerazione, che estende gli elementi convenzionali presenti in un film oltre il loro limite ragionevole. Nel Frankenstein junior ne è esempio la recitazione di Wilder, sempre sopra le righe, come nella sequenza della lezione universitaria o quando pronuncia un panegirico sulla vita, apprestandosi ad ultimare l’esperimento. E ancora, il nitrito di cavalli che sempre accompagna il nome di Frau Blucher è l’esagerazione di un cliché dei vecchi film horror, che diventa comico solo perché iterato per tutto il film, in ogni luogo e momento.*
*da Alvise Barbaro, Frankenstein. Dall'horror alla parodia, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, 2004.